Progettazione Sociale

Progettazione Sociale

e

Gestione delle Risorse Umane

(Social Plannings and Human Resources )

Prendendo a prestito le parole di U. Beck e pensando alla personale esperienza avuta nella progettazione sociale, potrei benissimo ritagliare le definizioni di “cambiamento e metamorfosi” e incollarle tra le righe delle dinamiche progettuali che mi si sono presentate. Riassumendo il pensiero di Beck in poche righe, potremmo dire che i cambiamenti riprendono quegli stadi sociali o personali in cui si riconosce un “prima”, c’è quindi un bagaglio di esperienze o fatti sociali. Questo bagaglio viene misurato con ciò che accade “nell’oggi“, diviene quindi utile per poter rielaborare la realtà quotidiana. In pratica considera la memoria ed include un mutamento programmatico. La metamorfosi invece è una definizione che si confà maggiormente agli scenari cosmopoliti e imprevedibili, si fonda sulla necessità di rivedere e rifondare la situazione che si presenta e farlo ad una velocità in cui diviene molto difficile tenere in considerazione “il prima“. La metamorfosi accade, non è un programma. Nei testi del sociologo tedesco viene espressa una chiara volontà che riporto in citazione:

«[…] Nel proporre il concetto di metamorfosi del mondo non è mia intenzione sostituire all’attuale tipologia del cambiamento storico della società e della politica una tipologia completamente diversa, ma completarla con una tipologia rimasta finora osservata. […]»

Ulrich Beck – “La Metamorfosi del mondo” – Edizione Laterza 2016

Cambiamento e metamorfosi si coniugano imprescindibilmente. Pur rispettando la diversità di ambiti, situazioni e fragilità soggette ad aiuto, con cui ho collaborato, trovo che il fulcro principale della progettazione sia fornire una serie di strumenti utili ad accompagnare le persone coinvolte attraverso quelle sfide che pongono gli individui di fronte ad un orizzonte di cambiamento, in un clima però che deve per forza accettare la metamorfosi. Quando si vuole introdurre una progettazione, si deve operare una sintesi dell’ambiente organizzativo in cui si deve intervenire e la dignità delle persone in situazione di fragilità per cui l’organizzazione opera. Oggi è normale associare la parola cambiamento a quella di “rottamazione”. E’ diventato un lemma tutto sommato comune, perché si rifà al linguaggio politico, giornalistico, commerciale ecc. Non si può far finta che normalmente un’organizzazione viva come una sorta di minaccia quel tipo di prospettiva. Infondo l’idea comune è abbandonare qualcosa che si conosce per salpare verso destinazioni ignote. Una minaccia al proprio status, ai propri benefit (qualunque essi siano), ai raggiungimenti maturati ecc. ecc. La progettazione ha quindi il compito innanzitutto di comprendere il prima, per offrire poi un programmabile cambiamento che non si dimentichi anche degli effetti perversi della metamorfosi che ci circonda, ma che offra validi strumenti per affrontarla.
Per concludere, siamo tutti potenzialmente come Gregor, il protagonista del libro “La metamorfosi” di Kafka. Vale a dire commessi viaggiatori che da un giorno all’altro si potrebbero trovare ad avere le sembianze di un insetto gigante, iniziando nostro malgrado ad avere il confronto con il cambiamento, l’angoscia, l’alienazione, l’egoismo ecc. La progettazione sociale però, pur rispettando le paure e le angosce che essa procura anche solo nominandola, diviene un valore aggiunto per tutti i destinatari e partecipanti, perché va a colmare quel gap che si crea tra fiducia e diffidenza al cambiamento, dando l’opportunità di percepire la diversità come valore aggiunto e non come pretesto di esclusione o di “rottamazione”

Nel tentativo di fornire un senso più “pragmatico” alle parole sopra scritte,
di seguito si troveranno alcuni stralci di progettualità intraprese

Progetto socio-educativo per cambio struttura residenziale di persona con disabilità
in collaborazione con AUSL di Bologna

L’idea fondante la collaborazione

Continuità legata ad un’idea di cambiamento” è il principio che ha guidato la progettazione in evidenza. Una persona con una una serie di difficoltà psico-relazionali, per motivi legati ad alcune formalità, si è trovata di fronte all’esigenza di dover cambiare struttura di residenza. I servizi di riferimento, seguendo il caso ormai da anni, riconoscono nella persona soggetta allo spostamento enormi potenzialità, ma anche parimenti fragilità. Avanzano così una richiesta di collaborazione alla struttura accogliente, per studiare e mettere la persona nella condizione ideale di cambiare la propria vita, all’interno però di un orizzonte di stabilità. Dalla collaborazione di cui sopra, nasce la mia figura, vale a dire un supporto dal punto di vista progettuale, educativo, formativo con l’obiettivo di contribuire alla stabilizzazione di cui sopra.

Il ruolo avuto nelle diverse fasi

Considerando le difficoltà del caso e le sue caratteristiche, ho pensato che il progetto non potesse prescindere dallo studio dei pregressi della persona e dalla sua storia di vita. Per tale ragione ho indagato e ricostruito le abitudini antecedenti il cambio in esame: ho ricontattato ed incontrato i soggetti significativi per la persona; visitato le sedi delle attività ludico-ricreative, scolastiche ed educative, frequentate prima dello spostamento; mi sono confrontato con i responsabili di tali attività; in accordo con i servizi invianti, incontrato la famiglia e coinvolta gradualmente. Al tempo stesso, in collaborazione con la struttura accogliente, si sono analizzate tutte le potenzialità della stessa: modalità di organizzazione del personale al suo interno; studio delle attività già presenti e coinvolgenti gli altri ospiti; indagine sulle possibilità di inserimento di ulteriori attività confacenti alla persona da inserire. L’esperienza educativa pregressa all’interno della struttura accogliente ha sicuramente facilitato questo step.
Il progetto prevedeva dapprima una mia presenza massiva affianco alla persona bisognosa d’aiuto, per poi gradualmente venir meno, in concomitanza con la formazione degli operatori e l’acquisizione da parte degli stessi di strumenti utili per affrontare le “sfide” quotidiane. Inizialmente sono stato presentato alla persona come suo referente e supporto di fronte al cambio in esame. C’è stato un reciproco periodo di conoscenza, scoperta e costruzione di una relazione di fiducia. Quest’ultima, per essere tale, abbisognava di interventi, studi “sul campo” nei vari ambiti frequentati e attraverso le varie relazioni che la persona aveva instaurato negli anni (come si richiamava in precedenza). Questo modello di intervento ha reso lo studio del caso più incisivo, portando l’analisi sul campo ad essere elemento facilitante per le figure inseritesi gradualmente nella vita quotidiana della persona. Il progetto infatti prevedeva un periodo di formazione e affiancamento dei vari operatori della struttura accogliente (RAA, educatori, OSS, ecc.), ma anche un dialogo continuo con i soggetti referenti e altresì committenti del progetto, quindi Presidenza, Direzione e Coordinamento della struttura; incontri ed aggiornamenti con i referenti dei servizi invianti e le relative figure dell’Azienda Sanitaria Locale dei settori interessati dal progetto. La complessità dell’intervento infatti ha necessitato di una collaborazione con le figure di coordinamento della struttura nella riorganizzazione della turnistica delle presenze degli operatori, per permettere un mio periodo di affiancamento agli stessi, senza per questo venir meno al proseguo quotidiano delle azioni educative e di cura nei confronti degli altri ospiti della struttura. Nell’affiancamento venivano sviluppate una serie di tematiche di carattere relazionale, riguardanti il lessico e il linguaggio da utilizzare, l’atteggiamento da manifestare, la prossemica da applicare. Gli operatori, i referenti organizzativi e i servizi invianti, venivano ciclicamente aggiornati attraverso relazioni tecniche redatte personalmente e riguardanti le evoluzioni ed involuzioni proposte dalla persona. Il lavoro in questione ha portato con sé un approccio che predisponesse ad una “differenziazione consapevole” ospite-operatore. Ossia la mia presenza offriva l’opportunità agli operatori di verificare assieme le attitudini caratteriali, comportamentali, relazionali ed educative; la predisposizione e la facilità degli stessi a compiere certe azioni, rispettando però le difficoltà a portarne a termine altre. In questo modo si è fornito agli operatori una serie di strumenti utili per migliorare alcuni loro comportamenti, rispettare le proprie difficoltà e attraverso la conoscenza, gestirle o ancor meglio superarle. L’operatore così non aveva modelli di comportamento prestabiliti, ma venivano fornite una serie di conoscenze da poter applicare a seconda delle situazioni e misurando il proprio carattere con le reazioni/fragilità della persona da aiutare. Questa modalità di intervento ha reso al contempo possibile la mia vicinanza alla persona bisognosa d’aiuto: consegnando ad essa una serie di chiavi di lettura che facilitassero l’accettazione dell’operatore; lavorando con essa sulle dinamiche quotidiane costruttive/distruttive e l’evenutuale gestione dei conflitti che questi nuovi inserimenti portavano con sé; restituendo alla persona una percezione di ascolto ed accoglimento.
L’obiettivo finale è stato la definizione di una differenziazione tra operatore ed ospite che salvaguardasse in questo modo sia la dignità della persona bisognosa d’aiuto, sia quella degli operatori che si prestavano alla cura della stessa.

Tabellone delle attività
Tabellone delle attività realizzato in collaborazione con la falegnameria interna della struttura accogliente, ma sempre con il soggetto co-realizzatore e co-partecipatore alla realizzazione dello stesso

Il risultato finale del progetto lo si può riconoscere nella nella capacità di tutte le persone partecipanti di applicare un intervento fluido/liquido e soprattutto umano. La conoscenza infatti ha consegnato una serie di risposte a più livelli:
per la persona richiedente aiuto, perché ha potuto diminuire i fattori stressanti richiamati dalla nuova realtà in sé e dalla costruzione di nuove relazioni d’aiuto dalle quali non si poteva esimere; diminuito le conflittualità con un presente carico di novità ed appesantito da un passato scomodo con trascorsi difficili; ha consegnato una percezione di ascolto e soprattutto accoglimento; ha riconsegnato ad essa la possibilità di interiorizzare regole e norme sociali prima sconosciute, grazie all’introduzione graduale di una “Legge” non più calata dall’alto, imposta e distante, ma bensì sulla persona ed umanizzata;
agli operatori, perché hanno acquisito una serie di informazioni tali da poter riconoscere la complessità della persona; hanno sperimentato un nuovo approccio di lavoro, partendo da quello in cui c’era l’esigenza di concentrarsi su “atteggiamento giusto e/o atteggiamento sbagliato”, a quello invece che riconosce i propri limiti oltre a quelli della persona che si sta cercando di aiutare, porti ad avere maggiori informazioni possibili sui riflessi involontari di alcune dinamiche provenienti da ambienti esterni a quelli di lavoro, cercando così di proporre un intervento che riesca a dare risposte alle richieste della persona bisogna d’aiuto ma stando all’interno di modalità più “creative” che rispettano la persona, le proprie caratteristiche di operatore, oltre ovviamente alle indicazioni terapeutiche date dagli specialisti, ponendo così il focus dell’intervento non solo sull’errore-o-meno e quindi sulla persona dell’operatore, ma si è spostato sull’individuo, sulla persona bisognosa di aiuto.

Il cambiamento nella continuità

Di seguito si riprenderanno alcune esemplificazioni dell’approccio e della filosofia scelta. Con i servizi di riferimento, conoscenti da lunga data il caso, si è deciso di definire una serie di capisaldi importanti per la persona e partire da essi per tracciare una continuità.
– Uno di questi capisaldi è stato sicuramente la scuola. Con merito anche della grande collaborazione delle insegnanti di sostegno, si è riusciti a portare la persona al raggiungimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado; organizzato un periodo di stage all’interno di una struttura socio-sanitaria che pratica terapia occupazionale diurna; oltre alla sporadica frequentazione in classe delle lezioni.
Tutte queste attività, sempre mediate dalla presenza dell’educatore/trice o dall’insegnante di sostegno (a seconda), non potevano essere espresse da anni (circa un paio per quanto riguarda la presenza in classe), per via delle grosse difficoltà di socializzazione e gestione dello stress all’interno del piccolo e grande gruppo di persone. Per la medesima ragione, la frequentazione a qualsiasi tipo di stage o tirocinio, pur con la presenza degli operatori, non era mai stata proposta fino a quel momento, per via delle criticità presentate dalla persona.
– Cercando sempre di approfondire il più possibile il lavoro relazionale, grazie alla collaborazione delle associazioni coinvolte in attività sportive/ludiche, la persona è riuscita a riprendere alcune discipline tralasciate da tempo per motivi disciplinari sempre in contesti socializzanti.
– Inizialmente la persona frequentava laboratori e spazi pomeridiani nel paese di origine, in cui si intratteneva in attività e piccoli spettacoli. Per via di alcuni cambi residenziali, associati a progetti terapeutici particolari a seguito di criticità presentatesi, la persona ha dovuto abbandonare tali realtà creativo-socializzanti. Con l’ingresso nella nuova struttura, inizialmente c’è stato un completo rifiuto di svolgere attività con altri ospiti della struttura. Da una primaria esigenza di isolamento, si è passati a portata la persona gradualmente a partecipare ad alcune delle attività proposte e ad accettare le diversità degli altri ospiti. Si è arrivati a questo anche grazie ad un supporto fornito nella strutturazione del tempo e del riconoscimento delle proprie ed altrui peculiarità. (la foto in basso dimostra il modello inventato per rendere partecipe la persona della strutturazione sopra richiamata);
– Partecipazione della persona a soggiorni estivi della durata di uno o cinque giorni, a seconda dell’organizzazione, sempre all’interno di un gruppo più allargato di ospiti;
– Si è proceduti ad affrontare con estrema cautela, ma al tempo stesso continuità, la regolarizzazione del regime alimentare e l’accettazione della consulenza tecnica dal punto di vista nutrizionale. Tutto questo è stato applicato come ultimo step di intervento, per necessità dapprima del lavoro dal punto di vista simbolico, per poi riuscire a commisurare il lavoro più “tecnico” grazie ad alimentaristi e psichiatri.

L’esigenza della consulenza

Quando il cambiamento all’interno di organizzazioni (più o meno grandi) interessa persone che hanno sempre espresso ruoli di una certa caratura, rivestiti soprattutto con determinazione e carattere, possono avvenire disequilibri, ancor meglio descritti nella emersione di dinamiche “latenti” già presenti prima, ma acuitesi nel momento in cui l’incertezza pone un orizzonte di rottura da certe routine o schemi. Di fronte ad un quadro di incertezze, l’istinto primario per affrontarle è tutelare ciò che si conosce, proteggere ciò che si ha guadagnato fino a quel momento. Si cercherà quindi di difendere una posizione guadagnata con sudore e fatica, si cercherà di mantenere un contatto o una relazione con chi riconsegna un senso di protezione e guida. Per le ragioni di cui sopra si creeranno fazioni e micro-gruppi, ognuno di questi tenderà alla difesa degli aspetti appena richiamati. A tutto ciò si aggiunge il presentarsi di episodi di frustrazione ed aggressività che derivano da percorsi in cui si sente perso il valore di riconoscimento umano, in cui ci si sente parte di un sistema che è sul punto di cambiare, ma di cui tu non ti senti parte di quel cambiamento. E’ facile in quelle occasioni è facile sentirsi spersonalizzati e in quel frangente cadere nella insensibilità che il lavoro di cura abbisogna continuamente.
L’esigenza della consulenza è nata da questo: la sostituzione di una persona importante dal punto di vista organizzativo e parallelamente l’emergere di dinamiche che hanno incrinato certi legami professionali, a cui sono seguite ovviamente un peggioramento delle condizioni di vita degli ospiti della struttura.
La consulenza è stata attuata in due fasi: la prima di analisi, riflessione e proposte, per capire come poter attuare un cambiamento nella struttura; la seconda, in base agli obiettivi forniti, alle spese ed i ricavi degli anni precedenti, creare un bilancio preventivo per il triennio successivo, cercando in questo di capire la fattibilità del progetto in questione.
Sotto si riporteranno gli stralci dei vari livelli di intervento, ovviamente omettendo le parti in cui i riferimenti ricondurrebbero all’identità di certi soggetti.

Prima Parte di intervento

A seguito di sopralluoghi e colloqui con le figure apicali della struttura, è stata redatta un’analisi della situazione, a cui si sono aggiunte una serie di proposte di interventi tali per cui si potesse ricucire lo strappo intervenuto all’interno dell’organizzazione e portando il tutto ad avere una maggiore armonia per quanto riguarda la gestione del personale

Analisi e proposte

[…] La complessità appena richiamata è figlia dei vari livelli di intervento a cui personalmente credo la struttura debba essere sottoposta. Le riflessioni che verranno descritte allʼinterno del presente progetto, riguarderanno interventi rispetto alla F. C. in unʼottica orizzontale e verticale. Negli incontri sopra richiamati, nello specifico con XXXXX , ho avuto il chiaro rimando di una struttura che presenta criticità, ma al tempo stesso offre al proprio interno numerose risorse per potersi rilanciare dal punto di vista qualitativo ed altresì essere in grado di avere una maggiore autonomia per quanto riguarda la propria gestione. Per questo motivo gli obiettivi prefissati dalla presidente a breve e a lungo termine nascono in unʼottica che non segue la ratio del taglio del personale, taglio degli orari, ecc. , ma ricerca modelli virtuosi di organizzazione e ideazione di servizi che portino la struttura con le proprie forze ad avere una autonomia gestionale secondo una prospettiva di apertura verso il territorio in cui è inserita. Entrando nello specifico, i macro-obiettivi discussi con la presidente riguardano: il miglioramento della struttura nella gestione quotidiana degli ospiti; migliorare il clima lavorativo delle dipendenti; arrivare ad uno standard fisso di numero di ospiti che permettano una autonomia gestionale della struttura; aprirsi a nuovi servizi sul territorio. […]

Area Relazionale/Interpersonale

[…] a questo normale stato di difficoltà, nellʼultimo periodo si sono aggiunti ulteriori fattori stressanti, tra i principali le continue voci informali circolate tra le lavoratrici che hanno portato ulteriore destabilizzazione. Detto questo, ritengo che il calo del numero delle presenze ospiti allʼinterno della struttura, tra i diversi fattori, trovi inequivocabilmente riscontro nellʼassenza del clima di coesione, il quale indirettamente ed involontariamente, ha portato la struttura a evitare soluzioni alternative ed adattamenti ai cambiamenti sociali, diffondendo gradualmente uno stato di “stanchezza generalizzata” a cui difficilmente segue lucidità per unʼanalisi oggettiva della situazione. Secondo la mia analisi, questa poca lucidità, conseguente alla stanchezza ha portato con sé unʼidea di miglioramento associata a soluzioni drastiche a seconda del livello che si prende in considerazione: dal punto di vista orizzontale, litigi tra colleghi; atteggiamenti che si basano su dinamiche aggressivo-passive; lassismo; indolenza; malattie a lungo termine; in casi più estremi bournout degli operatori e conseguente cambio di lavoro; dal punto di vista verticale, riduzioni orarie; tagli del personale; lʼesterna-
lizzazione del servizio. […] ho pensato a diversificare i livelli di intervento.
– ORGANIZZAZIONE DEL PERSONALE […];
– AGGIUSTAMENTO ORGANIGRAMMA (nuove figure ed aggiustamento di altre) […];
– SUPERVISIONE E FORMAZIONE […];
– INCONTRO CON I SINDACATI […];

Area di Consolidamento Immagine della Struttura

[…] Per questo motivo una parte del progetto in questione sarà impiegato nello studio delle esigenze che il territorio richiede per il target di utenza di cui la XXXXX si occupa. Per arrivare a questo, si ha bisogno di un primo step relativo al consolidamento dei rapporti con i due soggetti con cui si collabora maggiormente: amministrazione comunale e ospedale. A questo primo passaggio seguirà poi un secondo step di sviluppo del presente progetto, si rimanda allʼarea relativa alla valorizzazione virtuosa delle attività e dellʼimmagine
– CONSOLIDAMENTO CONTATTI CON AMMINISTRAZIONE COMUNALE […];
– CONSOLIDAMENTO CONTATTI CON POLO SANITARIO […];
– PUBBLICITA’ E MARKETING […];

Area della valorizzazione virtuosa delle attività e dell’immagine della struttura

[…] Facendo riferimento al secondo step menzionato precedentemente, in questa parte si prenderà in considerazione la XXXXXXX, non solamente come struttura che fornisce un servizio, ma anche come soggetto attivo che si apre ad un territorio ed una cittadinanza. Dopo aver consolidato lʼimmagine interna, personalmente credo si debba rivalorizzare la funzione attiva della XXXXXXXX. Rinforzando i rapporti con gli enti esterni, la volontà è quella di fornire una serie di attività alternative che oltre ad essere risposta ad esigenze contingenti del territorio, possono risultare molto utili alla cittadinanza stessa. XXXXXX trovo debba cambiare volto […]
– NUOVO CENTRO XXXX […];
– SERVIZI DI PROSSIMITA’ ESTERNI ALLA STRUTTURA […];
– RESTAURO E MESSA IN SICUREZZA DI ALCUNE PARTI DELLA STRUTTURA PER RENDERLA XXXXX […];

Per avere maggiori informazioni (for further informations)

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